STORIA DELLA CHIESA MEDIEVALE
INTRODUZIONE STORIOGRAFICA
FORMAZIONE DEL CONCETTO DI ETÀ DI MEZZO
Gli inizi della storiografia medievale si collocano in un contesto, che si caratterizza per una visione secolarizzata della storia e per la convinzione che nel corso della storia c’è un periodo del passato, oramai concluso, che si distingue dai tempi nuovi, in cui noi si vive e si distingue anche da una età antica, che l’avrebbe preceduto. Sarebbe dunque periodo di mezzo, perché distinto e intermedio tra l’età antica e l’età moderna.
Quindi si può parlare di presenza del concetto di Medio Evo, quando si ha simultanea presenza di due idee:
·
idea che dopo l’antichità c’è un periodo diverso dall’antichità
·
idea che questo periodo è già concluso, perché oramai si vive in tempi
diversi.
Bisogna subito precisare
che la denominazione di Medio Evo è successiva alla elaborazione del concetto
di età di mezzo.
Già nel Trecento si incontrano aspirazioni ad una età nuova, per
esempio in Petrarca (Canzoniere,
sonetto n. 137: “L’avara Babilonia ha
colmo il sacco”. Il poeta lamenta di
vivere in tempi deprecabili per via di una Chiesa, il cui papa si è trasformato
in una sorta di sultano, che meglio starebbe a Bagdad che a Roma. Questa
percezione lo spinge a desiderare una nuova era. Va precisato però che il
giudizio severo del Petrarca riguarda solo la Chiesa del suo tempo e non
l’intera epoca, che è venuta dopo l’antichità, perché per Petrarca questa epoca
è contrassegnata dalla positività del cristianesimo.
Nel Quattrocento invece è più diffuso e più accentuato il tema della
diversità tra l’antichità e l’epoca successiva, che viene qualifica come rozza
e decadente. Tuttavia manca la percezione di appartenere ad un’epoca nuova e
diversa.
Ciò emerge dalle opere di:
-
LEONARDO BRUNI (1370-1441): Historiarum
florentini populi libri XII; Laudatio florentinae urbis
-
COLUCCIO SALUTATI (1331-1406): in varie sue opere si rivela figlio
dell'età medioevale ma già proteso verso il sorgente Umanesimo, di cui è in
certo senso antesignano.
-
BIONDO FLAVIO (1388-1463): Decadi
-
POGGIO BRACCIOLINI (1380-1459): Historia
fiorentina
-
LORENZO VALLA (1407-1457): Historiarum Ferdinandi Regis
Aragoniae: Libri III
-
NICCOLÒ CUSANO (1400-1457)
Una parola particolare
merita GIOVANNI ANDREA BUSSI (1417-1475): in un suo scritto compare
l’espressione media tempestas: da molti per questo è considerato il
precursore del termine tecnico Medio Evo, che in seguito si sarebbe
imposto. In verità l’espressione nel suo proprio contesto è usata con il
significato generico di passato non remoto, ma abbastanza recente.
Nel Cinquecento bisogna distinguere tra storiografi e artisti.
Negli storiografi come Machiavelli (1469/1527) e Guicciardini (1483-1540) non si rinviene la
concezione di Medio Evo nel senso prima delineato: infatti alla chiara
coscienza del divario tra antichità e tempi successivi non viene associata
ancora la convinzione di vivere oramai in tempi nuovi.
Negli artisti (pittori,
scultori, architetti) è fortissimo il culto per l’arte classica, che viene
considerata espressione insuperabile di una civiltà aurea, conseguentemente si
guarda con disprezzo all’arte successiva, che in blocco viene qualificata come
barbara, gotica ed espressione di una civiltà inferiore. Siamo quindi di fronte
al concetto del divario.
Di questo modo di
considerare abbiamo una espressione chiarissima in GIORGIO VASARI (1511- 1574):
Le vite dei più eccellenti scultori ed
architetti (da Cimabue a Tiziano).
Emerge imperioso anche
l’altro concetto necessario per parlare di età di mezzo: la persuasione che con
il Trecento, con Cimabue e Giotto, ha preso avvio una nuova era. Che cosa
distingue questa nuova età dal periodo precedente? La distinzione è data dal
fatto che la nuova epoca cerca di fare rinascere l’antichità classica,
riproducendone gli splendori.
La logica soggiacente è
questa: l’antichità detiene il monopolio dei valori e le età successive valgono
nella misura in cui riproducono il paradigma della antichità classica. Ciò che
è diverso, è perciò stesso negatività, non-valore. Si tratta quindi di una
concezione statica, ripetitiva della storia: l’originalità umana si riduce ad
una mera funzione ripetitiva. Non solo in Italia ma anche negli altri ambiti
culturali europei si afferma questo modo di pensare.
La concezione di Medio
Evo, che abbiamo rinvenuto nell’ambito particolare degli artisti, trova invece
perentoria affermazione nell’ambito della Riforma protestante germanica, dalla quale poi si diffonderà in
tutta la cultura europea.
La polemica dei
riformati nei confronti della Chiesa cattolica investe i secoli medievali e vi
imprime un marchio senz’altro negativo. L’era nuova inaugurata da Lutero con il
suo ricupero delle origini evangeliche del cristianesimo è intesa come una
ribellione nei confronti del mondo medievale dominato dalla Chiesa cattolica
con le sue strutture gerarchiche corrotte, con le sue deviazioni dottrinali e
con le sue invenzioni leggendarie….
A servizio di questa
prospettiva polemica si sviluppano nell’ambito protestante studi storici, che
raggiungono la loro più alta espressione nell’opera ciclopica di MATTIAS
VLACICH (in latino Flacius Illiricus, perché istriano): le Ecclesiasticae Historiae Centuriae (storia distribuita in
secoli), preparata a Magdeburgo ed edita a Basilea fra il 1559 e il 1574 in 13
volumi. I collaboratori vengono denominati “centuriatori di Magdeburgo”.
Alcuni rilievi:
-
si introduce la tendenza a leggere il Medio Evo in relazione alla Chiesa,
al Cristianesimo: si coglie quindi un elemento centrale della realtà medievale;
-
lo spirito polemico ha portato a mortificare il senso critico, violentando
la realtà storica, introducendo parzialità, faziosità di giudizio;
-
il giudizio negativo riguarda non più solo alcuni aspetti, ma la globale
realtà medievale;
-
nelle Centurie si fa ancora ricorso al termine Medio Evo per qualificare il
periodo, che oramai è ben delineato (dal VI secolo al 1517). Tuttavia vi si usa
chiaramente la distinzione in tre periodi di storia:
§
antiquitas ecclesiae (fini al secolo VI)
§
intermedia aetas (dal secolo VI al 1517)
§
nova aetas (epoca che ha il suo inizio con la Riforma protestante);
-
nell’ambito della storiografia protestante merita particolare attenzione
CRISTOFORO KELLER (in latino Cellarius), uno storico protestante del Seicento: nella
sua Historia Medii Aevi a temporibus
Constantini Magni ad Constantinopolim a Turcis captam conia il termine Medio
Evo.
Ovviamente la Chiesa cattolica romana
non ha assistito impassibile all’attività polemica della storiografia
protestante: a sua volta, e non senza spirito apologetico, dette vita ad una
sua propria produzione storiografica, che – almeno nei primi decenni – non
assunse toni di accesa polemica, ma piuttosto si mantenne sulla difensiva:
sventare, argomenti alla mano, le accuse dei riformati.
Si porrà in evidenza il Medio Evo come
periodo importante, anzi decisivo, per la formazione della civiltà europea e il
cristianesimo, secondo l’interpretazione della Chiesa Cattolica, vi avrebbe
svolto un ruolo primario. L’opra più insigne della storiografia cattolica è
senz’altro dovuta a CESARE BARONIO (1538-1607), discepolo di san Filippo Neri
fra gli oratoriani e poi cardinale e prefetto della Biblioteca Vaticana.
L’opera si intitola: Annales
ecclesiastici. Il primo volume uscì nel 1588. Baronio giunse fino al
pontificato di Innocenzo III (1198), poi altri studiosi raccolsero l’eredità.
Tre rilievi:
- la storiografia cattolica per la sua stretta relazione con quella
protestante si trova obbligata a condividere la lettura primariamente cristiana
ed ecclesiale del periodo medievale;
-
il Baronio, legato agli ambienti cattolici di riforma e rinnovamento, fu
portato da un lato a condividere certe critiche dei riformatori e dall’altro
lato a confutarne le accuse infondate senza però cadere in un atteggiamento di
acrimonia preconcetta, ma anzi spesso mettendo in campo un manifesto sforzo di
comprensione delle ragioni dell’avversario;
- la difesa e la confutazione del Baronio tendono a compiersi secondo un
metodo di revisione critica delle fonti, che utilizza i dati della filologia.
Quindi mentre la storiografia protestante andava compromettendosi in una
sterile e preconcetta polemica, quella cattolica fu indirizzata dal Baronio
verso la ricerca storica approfondita ed erudita.
Nel Seicento si raccolsero i frutti: in campo cattolico si
sviluppò una storiografia erudita, compresa della necessità di dare alla
narrazione storica la base di una sicura documentazione. Si sviluppò un lavoro
per individuare i documenti, distinguendo quelli autentici da quelli falsi. Si
pose attenzione per rintracciare all’interno dei documenti autentici le
interpolazioni e le aggiunte spurie. Si dette vita all’edizione accurata di
parecchie fonti, che assicurarono una base di maggiore certezza alla ricerca
storica successiva.
In Francia si distinse in questo
lavoro la congregazione benedettina di san Mauro, fondata nel 1618 (i maurini).
In Belgio si costituì intorno a
Jean Bolland (1596-1665), benedettino, una societas che da lui prese il nome di
Bollandiana, impegnata tuttora nella collezione di fonti agiografiche. L’opera
è ancora incompleta.
In Italia la linea erudita ebbe
il suo massimo rappresentante in Ludovico Antonio Muratori (1672-1750), prete
modenese, che per un certo periodo fu anche bibliotecario all’Ambrosiana di Milano
e poi divenne bibliotecario dell’Estense di Modena e anche parroco zelante
della Chiesa di santa Maria della Pomposa (Modena): fu educato da un discepolo
dei Maurini.
ELEMENTI CARATTERIZZANTI
Nel tentativo di
caratterizzare l’epoca "medio evo",
possiamo segnalare tre elementi:
· - il momento genetico (germanesimo - romanità – cristianesimo)
·
la struttura socio—politica della società
·
l'unicità dell'universo mentale.
A - il momento genetico
È rappresentato dal
fenomeno delle migrazione dei popoli germanici nelle terre d’Occidente.
Tale fenomeno favorisce un processo di separazione dell'Occidente dall'unità
dell'oikoumene, che si era realizzata nei primi tre secoli dell’era cristiana e
che si esprimeva anche in una certa unità linguistica: la koiné.
La separazione ebbe riflessi sia a livello politico sia a
livello culturale.
A livello politico
assistiamo al sorgere dei regni germanici, che acquistano nei confronti dell'Impero
una crescente autonomia e tuttavia non comportano la totale eliminazione delle
strutture imperiali locali (cfr diritto romano per i latini accanto al diritto
germanico per i tedeschi).
A livello culturale
l'impatto dei nuovi popoli germanici con la superiore cultura latina dà avvio
ad un complesso processo di assimilazione, compenetrazione e amalgama dei due elementi
sociali: in quest'opera ha certo un ruolo primario l'incontro nell'unica fede
della Chiesa di Roma e delle Chiese d'Occidente in comunione con.
lei.
Pur rilevando e la
diversità tra la romanità ed il germanesimo e l'anarchia e il lungo doloroso
travaglio di questa fase, ci pare che non ci si possa limitare a considerare
questi aspetti, ma anzi sia su altro che si debba collocare l'accento e
precisamente sulla collaborazione degli elementi discordi: solo così facendo
saremo in grado di capire la creazione che ne deriva. Questa nuova creazione
trova una prima chiara apparizione sotto i carolingi, dove appunto romanità e
germanismo si esprimono in una realtà unitaria, armonica ed assolutamente
originale.
Due osservazioni:
- fenomeni di questo tipo
si incontrano anche in altri settori della storia della umanità: parliamo
infatti di un medio evo della storia greca, in seguito alla invasione dorica
(XI – VII sec. a.C.); parliamo di un medio evo della storia egiziana, in
seguito alla invasione dei semiti dalla Siria (1700 a. C): si tratta sempre
dell'inizio di una nuova fase della storia (va rilevato senz’altro che il
termine “medio evo” è di per sé un termine arcaico, relitto di una cultura
storica sorpassata: continuiamo a usarlo per convenzione).
- il medio evo, come fenomeno originato
dall'insediamento dei popoli germanici nell'area della romanità interessa
soltanto l'Occidente; è l'inizio della storia, della cultura occidentale. La
parte orientale dell’Impero infatti, pur pressata all’esterno da popoli
estranei, continuò a mantenersi nello schema socio-culturale dell'età classica
fino alla caduta di Costantinopoli del 1453.
B - La struttura socio-politica della società
Non abbiamo una società
fondata sull’eguaglianza di tutti gli individui, che sono in rapporto con
l’autorità centrale dello Stato, come ente di diritto pubblico. Abbiamo invece
una società, che si organizza secondo il principio della vita spontanea. L'aggregazione
si compie e si mantiene per relazioni di sangue ed ancor più secondo il
criterio della forza: questo, potremmo dire, implica tre tipi di dinamismo: il
dinamismo della forza, che dall'alto si impone sulla base; il dinamismo della
forza che viene ricercata dalla base per trovare sicurezza; il dinamismo della
forza, che per rimanere tale, cerca con elargizioni il sostegno della base.
Da ciò consegue che la
società si organizza in gran parte secondo lo spontaneismo delle relazioni
personali. Questo rende decisive le classi, le differenze di classe, che si
confrontano e si compongono in una società fortemente gerarchica: ciascuno si
subordina ad un altro, dando vita ad una lunga gerarchia, basata sui rapporti
personali di diritto privato e non di diritto pubblico. In questo contesto si
costituisce la struttura feudale, che si esprime in unitaria forma piramidale,
quando si impone una indiscussa ed indiscutibile forza (imperatore forte),
quando invece questa forza manca, abbiamo una realtà complessa in cui si
contrappongono molteplici gruppi, impegnati ad affermare i loro interessi
particolaristici, gruppi che a loro
volta sono strutturati piramidalmente. Qui traspare l’ambivalenza della
relazione feudale: essa può portare all’anarchia o all’ordine. E' chiaro che
abbiamo un tipo di società in cui la sicurezza é legata all'esistenza di sovrani
dotati di notevoli qualità personali. Pure l'economia è impostata su basi
naturalistiche: il fondamento è dato
dal bene immobile, dalla proprietà terriera; il bene mobile e la connessa vita
di commercio hanno una presenza assai ridotta: ciò che si produce viene
consumato in loco: ciò fa sì che non si produca in maniera “industriale”, ma ancora
artigianale. Ciò fa sì che non ha senso retribuire con il salario (come utilizzarlo
se manca quasi completamente la vita di scambio?) e anche questo spinge nel
senso delle relazioni feudali: il signore- padrone ricompensa rassicurando di
che vivere; il signore-padrone o mantiene o dona terreni.
È chiaro che una società
impostata secondo questi criteri economici non conosce la presenza di una
consistente classe borghese ed è invece dominata dalla nobiltà terriera.
C- Unicità dell’universo mentale
Tutti interpretano tutto a
partire dai principi della fede cristiana, viene pertanto a costituirsi un
ordine che potremmo definire mitico-sacrale, in cui sono iscritti tutti gli
aspetti della vita. Tale mentalità mitico-sacrale é molto viva sia a livello
speculativo, sia a livello esistenziale (cfr concezione sacrale dell’impero;
concezione sacrale della natura: ignorate le cause seconde, tutto viene
ricondotto a Dio, i fatti sono
interpretati non secondo le leggi naturali, ma secondo il loro valore
religioso; i giudizi sono condotti non secondo i criteri razionali del diritto,
che indaga la responsabilità umana, ma affidandosi al giudizio di Dio che si esprime
attraverso le ordalie; nell'arte si trascura la rappresentazione realistica a
vantaggio della rappresentazione allegorica.
Nell’Alto Medio Evo
abbiamo una dimostrazione linguistica di questo: scompare il verbo latino
“loqui”. Nelle lingue romanze abbiamo in francese “parler”, in italiano
“parlare”, che derivano dal greco parabolé,
che ha a che fare con l’allegoria: oramai si dice solo per allegoria. In
castigliano si usa “hablar”, in portoghese “falar”, che derivano dal verbo
latino “fabulare”.
Significativo di questa
mentalità è quanto avvenne ai tempi di Filippo II di Spagna: ai ministri fu sottoposto un progetto per rendere navigabili i fiumi Tago e Manzanares e
creare così maggiori possibilità economiche ad alcuni gruppi di popolazione,
che erano piuttosto isolati. La
commissione ministeriale respinse il progetto, adducendo questa motivazione:
“Se Dio avesse voluto che quei fiumi fossero navigabili, lo avrebbe fatto con
una sola parola, come fece in origine con il fiat lux. Sarebbe dunque
un’usurpazione dei diritti di Dio se mani umane osassero migliorare l’opera
lasciata incompiuta da Dio per motivi insondabili” (da M. LANDMANN, Problematik. Nichtwissens und Wissens –
verlangen in philosophischen Bewusstsein, Göttingen 1949, p. 53 n. 13).
PROPOSTA DI PERIODIZZAZIONE
Risponde a una finalità
didattica, ma non va considerato uno schema artificioso: infatti la
determinazione della varie fasi si fonda su elementi obiettivi, offerti dallo
sviluppo storico.
E' certo che verso la metà
del secolo XI si presentano dei fatti, che segnano una chiara cesura rispetto
alla realtà precedente: si tratta di alcuni indizi di un processo di maggiore
differenziazione all'interno dell'unitario universo mentale, che caratterizza
il Medio Evo (riforma gregoriana, riforma monastica, riforma canonicale,
nascita della scolastica, movimenti di pietà popolare...)
Questa chiara cesura ci
consente di distinguere nel Medio Evo due grandi fasi:
·
l’Alto Medio Evo, che va dal V secolo alla metà del secolo XI (in questa
fase si è protesi ad acquisire gli elementi caratterizzanti richiamati prima)
·
il Basso Medio Evo, che va dalla metà del secolo XI al 1500, preso come
termine massimo per eccesso (in questa fase invece si tende al superamento
degli elementi caratterizzanti prima segnalati).
A – L’Alto Medio Evo:
All’interno di questa fase possiamo
distinguere due momenti:
·
il
momento della incubazione (V secolo – metà del secolo VIII con l’imporsi dei
Carolingi)
·
il momento della coesione (metà del secolo VIII — metà del secolo XI).
Il momento della incubazione:
abbiamo detto che la prima manifestazione chiara della nuova realtà medievale
si ha sotto i carolingi: questa apparizione però non é un fatto improvviso, ma
è preparato da un complesso di processi, che ha i suoi inizi già nel V secolo.
Il secolo V ed il secolo VI conservano ancora quasi tutte le istituzioni romane,
per cui potremmo vedervi la fase di chiusura del tardo tempo antico; però la presenza
delle popolazioni germaniche vi inserisce un elemento nuovo, che si afferma per
lo più come contrasto, ma insieme offre anche segni di una tensione all'incontro
e ciò già può essere visto come inizio del Medio Evo. Ed infatti nel secolo VII
già si nota un minore contrasto tra i due elementi sociali e già incominciano
ad apparire, sia pure in maniera ridotta, le nuove forme romano-germeniche.
Il momento della coesione:
col termine non vogliamo tanto indicare la fusione armonica della romanità col
germanismo nella nuova realtà medievale, ma piuttosto la profonda
compenetrazione delle varie componenti della vita, in particolare della sfera
civile-statale e della sfera religioso-spirtuale-ecclesiastica nell'unica ecclesia
universalis, che ha come capo Cristo e che persegue un'unica finalità
politico-religiosa: la realizzazione del regno di Dio sulla terra in cammino
verso il Cielo. In questo momento manca la distinzione tra Stato e Chiesa: tale
distinzione si opererà quando si giungerà a percepire la Chiesa come realtà
ontologicamente soprannaturale, con finalità spirituale e lo Stato, come realtà
ontologicamente naturale, con finalità temporale. Per ora ci si limita ad una
distinzione di funzione tra sacerdozio e regno, che hanno maniere diverse per
perseguire l'unico fine politico-religioso; la distinzione di funzioni non si
fonda però su una distinzione di ambiti giurisdizionali e pertanto abbiamo un
sacerdozio, che talora assume un carattere regale come pure abbiamo un regno
che talora assume un carattere sacrale: unzione-consacrazione dei re, che per
il suo carattere sacrale e per la sua funzione intraecclesiale governa secondo
modalità teocratiche (cfr le forme della chiesa propria, della investitura dei
chierici, della dipendenza dei chierici dal re mediante omaggio...) Si deve
tuttavia dire che a queste modalità teocratiche manca il supporto di una
ideologia teocratica; non si teorizza il compito sacerdotale del re, ma di
fatto si arriva ad un esercizio di questo tipo per necessità storica
contingente (siamo ancora agli inizi di un mondo: i ruoli non hanno ancora una
stabilità tale da potere esercitarsi in autonomia, pertanto chi é più. forte
supplisce alla debolezza del più debole, stante la concezione di coesione).
Ma questo è
solo un primo stadio del fenomeno medievale: uno stadio di infanzia, proteso
verso ulteriori sviluppi, che si manifestano nella fase, successiva, che noi definiamo
con l'espressione: momento della diastasi.
B - Il
basso medio evo:
Dalla meta del secolo XI
al 1500 come limite massimo per eccesso.
Anche in questa fase
possiamo distinguere due momenti:
-
il momento della diastasi: dalla metà del secolo XI alla fine del XIII
secolo (avvenimenti del pontificato di Bonifacio VIII)
-
momento del tardo medio evo o della transizione al tempo moderno: dagli
inizi del XIV secolo alla fine del XV secolo.
Il momento della diastasi: verso la metà del secolo
XI, come dicevo, assistiamo ad una serie di iniziative di grande portata
storica, che indicano il passaggio ad una nuova epoca. Esse (riforma
gregoriana, riforma monastica, riforma canonicale; nascita della scolastica; movimenti
di pietà popolare...) fanno parte di. un globale movimento di riforma, che
sottopone il mondo occidentale a notevoli contrasti, discussioni, che non
portano certo alla distruzione della cultura unitaria dello stadio precedente,
ma stimolano ad una maggiore attenzione alle distinzioni, alle
singole componenti della vita. In questa prospettiva Regno e Sacerdozio, pur rimanendo
uniti nella unica realtà della Christianitas, giungono a distinguersi sempre più
non solo a livello funzionale, ma anche a livello di ambiti giurisdizionali.
Nella stessa prospettiva si produce la distinzione tra teologia e filosofia e
prendono vita altre scienze autonome, quali il diritto canonico, la medicina...
All'interno delle singole discipline, con l'applicazione della dialettica, non
ci si limita più alla lettura e al commento delle sentenze degli antichi
(lectio), ma si dà libero corso al dibattito secondo la ratio (quaestio).
Pure nella stessa prospettiva si giunge ad una maggiore distinzione tra
vita monastica e vita canonicale. E nel campo della vita e della dottrina
cristiana, in conseguenza di un maggior spirito critico, sorgono nuove forme di
pietà, di vita cristiana, di riflessione teologica, che spesso danno vita a
sette clericali.
Anche sul piano socio-economico
si assiste ad una maggiore articolazione della società: oltre all’agricoltura,
si sviluppa anche il commercio e si avvia la produzione industriale... Al
dominio del bene immobile comincia a sostituirsi il dominio del bene mobile e
quindi al dominio della nobiltà terriera si avvicina il dominio della borghesia
finanziaria.
A livello linguistico va
segnalato lo sviluppo delle lingue nazionali, che giungono oramai a proprie
espressioni letterarie.
Il tardo medio evo o il momento
della transizione ai tempo moderno: nella fase della diastasi, nonostante il maggiore
articolarsi della vita, permane una fondamentale unità dell'Occidente, che si esprime
nella realtà della Christianitas, capeggiata in maniera sempre più decisa dal
papato. Questo universo cristiano però con la sconfitta di Bonifacio VIII
cambia volto: alla Christianitas, sottoposta
al potere papale, succede il corpus principum christianorum e quindi si
sviluppa una nuova relazione regno- sacerdozio.
Un fatto nuovo si opera
anche a livello culturale: da una parte la scolastica viene sconvolta dal nominalismo,
dall'altra l'umanesimo sviluppa un'idea nuova di uomo.
Complessivamente possiamo
dire che siamo in presenza di un momento con elementi misti: in parte
medievali, in parte nuovi.
LA STORIOGRAFIA DEI MANUALI E DELLE OPERE PIÙ RECENTI
I vecchi manuali di storia
medievale sono frutto di una storiografia politico-diplomatica pertanto
presentano due caratteristiche:
- l'esposizione storica si
limita ad una elencazione di fatti, senza mai impegnarsi in un'analisi di idee e
concetti (qui ha molto influito la mentalità positivista)
- si costruisce una storia
di "vertice" (papato-impero), secondo la convinzione che sono le
forti personalità a fare, la storia (qui ha certo influito lo
storicismo crociano). La storiografia recente, pur non negando i risultati già
raggiunti, ha manifestato una chiara tendenza all'allargamento della
prospettiva precedente.
Vediamo il principio che
ha determinato tale allargamento ed i sensi in cui si è operato tale
allargamento:
il principio: anche per influsso
diretto o indiretto del marxismo, si è raggiunta
la convinzione che la storia é data dal normale e globale svolgimento della
vita e pertanto lo studio si è rivolto alla base della società, alle sue
strutture, alle masse.
I sensi di allargamento: sono fondamentalmente
due:
1)
una maggiore attenzione agli aspetti socio-economici, anche grazie all’uso
dei nuovi mezzi statistici e demografici e all'aspetto artistico
2)
un orizzonte spaziale e geografico più ampio: il tentativo cioè di
inquadrare il medio evo europeo in un panorama intercontinentale.
Esponenti di questo nuovo
Tedio Evo sono:
1)
il belga HENRI PIRENNE (1862-1935) studioso di storia dell'economia; tra le
sue opere ricordiamo:
· La storia d’Europa, Firenze 1967
· Maometto e Carlo Magno,Bari31973
· Le città
del Medio Evo, Bari2 1972
· Storia
economica e sociale del Medio Evo, Milano2 1975
(la tesi del Pirenne è celebre: il Medio Evo consisterebbe
nella formazione di un Occidente continentale, uscito dalla "Romania"
mediterranea e separato dall'Oriente, ai tempi dei carolingi a causa delle
invasioni barbare).
2) il francese MARC BLOCH
(1886-1944): reagisce al positivismo del suo maestro Ferdinand Lot, che
considerava la storia alla stregua di una scienza esatta, determinata da leggi
prevedibili; Bloch al contrario cerca di dare uno spazio alla libertà umana, ai
fattori irrazionali del comportamento umano, all'imponderabile.
·
La società feudale, Torino4 1962
3) Il belga LEOPOLD GENICOT (1914 –
1995): nella sua opera manifesta un'attenzione per le istituzioni e l'economia (che
deriva dal suo maestro Pirenne) ed un'attenzione per i problemi della
spiritualità e della cultura.
· Profilo della
civiltà medievale, Milano 1968
Due limiti: sintesi
unilaterale, a partire da una preoccupazione etico-apologetica l’autore si
limita a presentare arbitrariamente solo gli aspetti positivi del fenomeno
medievale. Poi trascura eccessivamente i secoli XIV e XV, che per il Genicot
sono solo il declino del Medio Evo, quando in realtà sono il trapasso verso
l'epoca moderna.
4) ROBERTO SABATINO LOPEZ, italiano di derivazione
ebraica, stabilitosi negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale (1910
- 1986)
·
La nascita dell’Europa, Torino-1966.
Caratteristica di questa
opera è duplice: offre una impostazione emisferica della storia (non solo l'Europa,
ma anche la Cina…); presta attenzione anche ai fattori climatici biologici,
economici.
5) il francese JACQUE LE
GOFF (1924 – 2014)
·
La civilisation de
l'Occident médiévale, Paris 1965
L'opera si limita ai
secoli che vanno dal X al XIV e ci offre un Medio Evo meno ideale, più concreto
e più rude. L'autore si serve di scienze praticamente nuove: l'archeologia medievale,
l’archeologia agraria, la fotografia aerea e pertanto si muove secondo un deciso
materialismo, anche se non di tipo marxista (influenza di Fernand Braudel): non
si affida all'ideologia delle classi dominanti ma agli impulsi elementari (la
ricerca del benessere, della tranquillità....).
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